Domus della Fortuna Annonaria
Questa domus aristocratica, il cui aspetto attuale risale al IV secolo, si impostò su un’abitazione della metà del II secolo d.C., di cui conservò il peristilio con colonne in travertino nella corte centrale. L’ingresso, aperto su Via della Fortuna Annonaria, era monumentalizzato da colonne marmoree.
Dall’ingresso, ora fiancheggiato da piccoli ambienti, alcuni dei quali erano originariamente botteghe aperte sulla strada, si raggiunge l’ampio peristilio che circondava il cortile: al centro si conserva una grande vasca rettangolare, mentre sulla parete di fondo correva una lunga banchina in muratura. Al centro della banchina si trova una nicchia ornata con il calco della statua di Diana, ora nel Museo Ostiense. La statua femminile seduta con cornucopia, collocata su un piedistallo al termine del braccio destro del portico, è stata identificata da alcuni come la personificazione della città di Ostia e da altri come Fortuna Annonaria, protettrice degli approvvigionamenti alimentari: proprio la presenza di questa statua, oltre che il lusso che caratterizza la domus, ha portato a ipotizzare che essa potesse appartenere, almeno in epoca tarda, a un magistrato o a un prefetto dell’Annona.
Dal peristilio si accedeva a una grande sala absidata attraverso un ingresso tripartito da esili pilastri scanalati in marmo bianco, e distinto da pregevoli soglie in marmi policromi, una delle quali conserva ancora in modo ben evidente le fossette di una antica tabula lusoria, un gioco che doveva svolgersi con delle piccole biglie marmoree. Nella grande sala, che conserva ancora parte del rivestimento marmoreo parietale, con abside e nicchia centrale predisposta per l’esposizione di una statua, era stato allestito un ninfeo monumentale con prospetto a nicchie incorniciate originariamente da colonne, dalle quali l’acqua doveva cadere nella vasca sottostante e successivamente nel canale antistante. Da questo canale, l’acqua defluiva verso la latrina della domus, accessibile attraverso una porticina aperta immediatamente a destra del ninfeo, e ricavata sotto la scala che conduceva al primo piano.
Sul lato opposto del cortile si apriva il grande tablino che conserva quasi del tutto il prezioso pavimento marmoreo con semplice schema reticolare, esaltato dall’impiego di marmi policromi quali il giallo antico e il bardiglio di Carrara. Su questa sala si apriva il passaggio alla stanza contigua, la cui apertura originaria verso il peristilio fu chiusa già nella prima metà del III secolo d.C. quando, con una radicale trasformazione, l’ambiente venne provvisto di un sistema di riscaldamento: i tubuli, tuttora presenti nella parete sinistra, permettevano il passaggio dell’aria calda, prodotta mediante un fuoco acceso nel praefurnium collocato nell’ambiente attiguo. Al medesimo periodo risale il mosaico bianco e nero con raffigurazioni di animali e scene mitologiche, tra cui l’episodio di Licurgo che assale con l’ascia la ninfa Ambrosia trasformatasi in vite (al centro), la lupa che allatta i gemelli Romolo e Remo, la raffigurazione di Ganimede, coppiere degli dei, con l’aquila, metamorfosi di Giove.